La strana storia di Garrincha a Sacrofano

Ragionando con i parametri attuali, questa storia può sembrare fantasiosa, ai limiti dell’incredibile, ma a quei tempi, inizio anni Settanta, cose del genere potevano davvero accadere. Era in 23 gennaio 1970, quando si presentò a Roma Manuel Francisco dos Santos, che tutto il mondo conosceva come Garrincha, uno dei più grandi giocatori della storia. Con lui, scese dall’aereo la cantante Elza Soares, regina assoluta del samba. Entrambi avevano validi motivi per lasciare il Brasile: Garrincha, 36 anni e una storia già lunga di alcolismo, nel 1968 era stato condannato per non aver pagato gli alimenti alla prima moglie, sposata a 19 anni e lasciata proprio per la Soares, dopo un rapporto da cui erano nate otto figlie. L’anno dopo ebbe un tragico incidente d’auto, in cui morì la madre di Elza. Condannato a due anni con la condizionale, era sprofondato nella depressione. Da parte sua, la Soares era entrata nel mirino del regime militare che comandava allora in Brasile.

Trovarono casa a Torvajanica, Elza cominciò una torunée in giro per l’Italia, Manè (così era chiamato) alla stampa vagheggiò la voglia di giocare in Serie A, ma le frontiere calcistiche italiane erano chiuse dal 1966. Fece qualche allenamento con la Lazio, poi seppe che a Roma viveva un suo vecchio compagno dei tempi del Botafogo e in seguito divenuto gloria della Roma. Dino Da Costa, che allenava allora il Sacrofano. Lo chiamo: «Dino, fammi allenare, è da tanto che sto fermo».

Garrincha a Sacrofano! Come se Cristiano Ronaldo oggi andasse ad allenarsi a Sizzano, per dire un piccolo paese, promozione piemontese, la stessa categoria che allora frequentava il Sacrofano. Garrincha rimase qualche mese, in campionato non poteva giocare, ma scese in campo in qualche amichevole e in un quadrangolare estivo. «Mica era tanto malmesso – ha ricordato un suo compagno di allora – quando prendeva palla ti fermavi a vederlo, anche se non copriva mai. In quel torneo fece gol da calcio d’angolo».

Nel suo soggiorno italiano, Manè fece anche altro: comparsate al seguito di Elza, impacciate reclame per l’Instituto Brasileiro do Café, inviato al Cantagiro al seguito della Soares. Nel dicembre 1970 il Brindisi, Serie C, pensò di ingaggiarlo come tecnico, trattativa tramontata per motivi economici e burocratici.

All’inizio del 1972 Elza Soares poté tornare in Brasile, e Garrincha con lei. A trentanove anni rimediò l’ultimo ingaggio, con l’Olaria, club di Rio. Poche partite, poi il definitivo addio, che rese più profondo il baratro esistenziale. Nel 1977, ubriaco, aggredì Elza, che lo mollò. Di lì alla solitaria morte mancavano solo sei anni.

Nella foto: Garrincha (cerchiato al centro della foto) prima di una partita con il Sacrofano. Allenatore-giocatore, Dino Da Costa (a sinistra).

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