Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande
«Vergognosa e irricevibile»: le parole con cui Damiano Tommasi, presidente dell’Aic, ha bollato la proposta di taglio degli stipendi arrivata dalla Lega di Serie A, sembrano tagliate su misura per scatenare l’invettiva dei social. E infatti da una casa all’altra degli italiani reclusi sono rimbalzati insulti e anatemi contro i calciatori milionari, cinicamente insensibili al momento a dir poco critico della nazione. Un crucifige probabilmente da alleggerire, considerando per esempio che proprio dai calciatori di A sono venuti in questi giorni robuste donazioni a favore delle strutture impegnate nella lotta al coronavirus. Facile, si dirà, con le spalle coperte da un conto in banca esagerato. Ma è anche vero che ben pochi ricchi, in ambiti come quelli finanziari e industriale, si mostrano così generosi.
Dopo di che, in questa commedia, bisognerà pure accennare al comportamento di chi gestisce il calcio, in primo luogo i vertici delle venti società di A. Superbe corazzate che rischiano di colare a picco al primo accenno di bufera. Tommasi poteva essere più prudente nei giudizi, ma è vero che la proposta della Lega scarica tutto il peso della crisi sui calciatori, a cui dovrebbero essere tolti quattro mesi di stipendio in caso di mancata ripresa della stagione, e due mesi se si completerà il campionato. Per non parlare dello spettacolo pietoso sull’opportunità o meno di completare la stagione: vedi Lotito che, pensando allo scudetto, vorrebbe riprendere domani e Cellino, ultimo in classifica, che vuole mandare tutto a monte spacciando la convenienza per solidarietà.
Con tutto ciò, ai calciatori converrebbe fare buon viso a cattivo gioco, per non sprofondare in un gorgo di impopolarità, ma soprattutto per tenere in piedi un carrozzone che garantisce un agiato futuro a loro e alle loro famiglie.